Come cambierà la nostra vita. Spunti di riflessione nei giorni del contagio

dialogo con il dott. Giovanni Dicran Megighian
esperto in comunicazione e linguaggio, medico chirurgo specialista, coach professionista certificato e accreditato PCC presso ICF International Coaching Federation, docente di Leadership Coaching alla George Washington University, Washington DC (USA),
consultore presso il Museo di Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco.

 
D. Dott. Megighian, come vanno interpretati gli accadimenti di questi giorni?
 
R. La storia, testimoniata anche dalle raccolte del Museo della Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco, resta un monito sia della fragilità della vita fisica, sia della forza e della grandezza dello spirito umano e dell’energia che comunque la vita è capace di generare per superare ogni crisi.
 
L’insegnamento che viene dalla conoscenza della storia della medicina è triplice: sul piano personale adottare tutti i comportamenti che buon senso e scienza ci indicano; su quello collettivo, rispettare le regole comuni per contenere il contagio e dare un esempio virtuoso a chi ci guarda e ci imita; sul piano della cultura, della civiltà e della società civile: guardare già da adesso al futuro.
 
Il punto di svolta è imparare un linguaggio nuovo, che manifesti e concretizzi idee e pensieri prima poco noti o sconosciuti. Occorre apprendere tecniche nuove e metodi innovativi, che ci liberino dall’intasamento delle certezze del nostro passato recente.
 
Quello che possiamo imparare da chi ci ha preceduto è anche la ricerca di una bellezza che supera con la sua verità ogni evento avverso: un empirismo delicato in cui l’osservazione della natura si accompagna alla ricerca dei fondamentali e che ci conduce a creare narrative nuove.
 
D. Cosa possiamo fare adesso?
 
R. Il mio lavoro consiste nel provocare il pensiero e stimolare la creatività.
La prima domanda per provocare il pensiero è: cosa posso fare io per fermare il contagio?
La seconda è: perché altri si trovano in difficoltà a porre in essere una condotta virtuosa e talvolta fanno l’opposto?
La terza è: cosa cambierà domani nella mia vita e in quella degli altri e come posso essere attore  attivo in questo processo?
 
La riflessione che queste tre domande animano può aiutarci a vedere noi stessi ed il mondo con occhi nuovi, aiutarci a fare la cosa giusta e prepararci a creare il futuro.
Ad esempio, alla prima possiamo rispondere attraverso l’assunzione di impegni personali, come una condotta che si attenga alle linee guida emanate dalle Autorità sanitarie, l’aggiornamento costante da fonti sicure, per diffondere e propagare un messaggio certo ed efficace.
Alla seconda domanda si può rispondere con la consapevolezza che la condotta e le reazioni comportamentali degli altri possono essere specchio di fragilità del carattere, di conflitti mai esplicitati in tempi di ripetitive abitudini. Questo vale anche per capire il comportamento dei giovani ed aiutarli ad accettare ed accogliere con ottimismo e generosità il momento e superarne l’angoscia.
Alla terza domanda possiamo trovare una risposta attraverso quegli strumenti che ci permettono di mettere a fuoco una visione nuova. Si può crescere esplorando noi stessi, le nostre azioni passate e quelle future attraverso strumenti che coinvolgono il linguaggio, coinvolgendo anche i nostri colleghi e collaboratori.
Questi strumenti aiutano gli individui e le organizzazioni a sviluppare sei capacità:
spaziosità, ossia il costruire e mantenere un equilibrio attivo tra l’ambiente, l’attenzione e la percezione;
percezione, ossia l’osservazione attenta mediante i sensi;
immaginazione, ossia il permettere alle visioni di un problema di emergere con facilità e chiarezza;
ispirazione, ossia il vedere le possibilità e gli spiragli di soluzione;
intuizione, ossia il percepire le situazioni nel loro insieme, senza alcuna omissione, e permettere alla conoscenza più profonda di manifestarsi;
creatività, che è il far emergere l’interrogativo chiave stimolato dall’intuizione, superare i pregiudizi e aprire le porte al nuovo.
Sia chiaro, questi non sono esercizi intellettuali od accademici. L’approccio di empirismo delicato che sottendono coinvolge individui ed organizzazioni nelle dimensioni logiche, emotive e fisiche, così come indicato dalla neurofisiologia. E anche in quello spirituale, nel senso più intimo e personale, come tracciato da figure di grande sensibilità e capaci di ispirare visioni nuove. Ciascuno ha i propri esempi a cui ispirarsi.
 
D. Come possiamo affrontare questa emergenza?
 
R. La Scuola Grande di San Marco ha in corso una mostra sulla figura ispiratrice di Romano Guardini. Nella sala delle colonne, al piano terra, c’è un tavolo su cui è posto un vaso in vetro di Murano azzurrino. La didascalia spiega come il Guardini si accorse che l’azzurro del vetro contenesse del rosso. E si domandò come fosse possibile che quell’oggetto fosse si indubitabilmente bello eppure contenesse del lilla, colore a lui sgradito. Le contraddizioni del mondo convivono in noi, è la riflessione del grande teologo. Questo genera una polifonia di verità. Questo è tanto più vero per chi si occupa di scienza e fonda il suo sapere sul principio di non contraddizione e l’epistemologia, ossia l’analisi critica del sapere. Oggi noi siamo di fronte a questa contraddizione. Mi pare sia la stessa che riecheggia nella  prima lettera di San Paolo ai Corinzi, al paragrafo 13.

“Et si habuero prophetiam et noverim mysteria omnia et omnem scientiam, et si habuero omnem fidem, ita ut montes transferam, caritatem autem non habuero, nihil sum.”
Se anche avessi il dono della profezia e potessi sondare tutti i misteri e ogni sapere, e se anche avessi una fede capace di smuovere le montagne, ma non ho amore, io sono niente.Mi auguro che il personale che in questi giorni transita per l’atrio vi si soffermi, e tragga ispirazione e conforto da quelle riflessioni.
La medicina nei secoli fino ad oggi incarna tutto questo: conoscenze fondate sul lavoro metodologico e sperimentale, accettazione del limite, fede nella vita e amore per gli altri, che si manifestano in uno spirito incrollabile al servizio del bene comune.
Questo io penso è il medesimo spirito che tutti possono incarnare per affrontare l’epidemia del Covid-19, seguendo l’esempio degli operatori e delle operatrici sanitari, ad ogni livello e con ogni funzione, che oggi si stanno battendo in prima linea.
 
D. Ma come possiamo pensare al futuro in questo frangente?
 
R. Le condotte sanitarie da tenere adesso sono chiare e tempestivamente comunicate. C’è solo da metterle in pratica con attenzione, senza se e senza ma. Questa deve essere la priorità assoluta per tutti.
Ma non finisce qui. Dobbiamo conservare carattere, equilibrio, ottimismo, forza d’animo e gentilezza anche per aiutare coloro che sono in difficoltà e la manifestano con comportamenti che deviano dalle regole da seguire. Oltre a questo possiamo e dobbiamo incominciare a proiettarci nel futuro. Occorre accettare il fatto che la “normalità” non sarà più la stessa di prima. Che il mondo che ci attende chiama ciascuno e ciascuna ad una visone nuova, dove la facile emotività evocata per vendere beni e servizi non avrà più la medesima capacità di convincimento.
Occorre da subito lavorare per costruire la visione di domani che ci relazionerà fra noi e con il mondo. Gli strumenti esistono. Possiamo usarli.